La “Land of joy” di Ducati è nata a Intermot 2014, e da allora non ha mai smesso di piacere. Se ne sono innamorati in tanti praticamente da subito: azzeccatissima esteticamente, abbastanza lontana dall’immagine racing tipica di Ducati da non intimidire i neofiti, ma abbastanza vicina alla storicità del marchio, alla sua personalità e al fascino che ne emana da convincere clienti di ogni età. È piaciuta tanto a chi voleva una moto per tornare in sella dopo anni, ma anche a chi voleva fare un po’ di downsizing per pensare a divertirsi e basta. Una moto spensierata, con un’immagine scanzonata il giusto, esattamente a metà fra la via Emilia e il West, come diceva Guccini.
Già, perché se il nome e l’estetica si rifanno alla storica monocilindrica prodotta a Borgo Panigale dal 1962 al 1976 - 125, 250, 350 e 450, quest’ultima anche nella versione Demo RT - l’atmosfera che fa respirare è quella delle spiagge californiane, dei surfisti di Venice Beach, Santa Cruz, Big Sur. Di una moto che sa di vacanza, di spiaggia e di mare, delle surfboard montate sul lato come si faceva, appunto, sull’oceano pacifico.
E la Icon, come vuole il nome, è la più Scrambler di tutte. È quella che richiama più da vicino la progenitrice monocilindrica, è quella più facile e scanzonata, ed è stata naturalmente quella più venduta. Ma state attenti: facile e scanzonata non ha mai significato che non potesse, o non volesse, far divertire nella guida dinamica. Perché con la Scrambler, se si vuole, sul misto si va fortissimo con un impegno bassissimo. La ciclistica è sana, sanissima (per qualcuno anche troppo, vista la rigidità della sospensione posteriore) e il motore è quel bicilindrico Desmodue che da sempre fa divertire da matti, soprattutto su strada.
Nel 2018 la Scrambler si è aggiornata con qualche ritocchino che ha limato quelle poche idiosincrasie del primo modello, soprattutto nella risposta dell’acceleratore, e ha guadagnato qualche dettaglio ancora più raffinato, arrivando al 2020 in cui le tocca… diventare Euro 5, ma l’unico dettaglio da cui lo capirete è lo scarico, che abbandona le molle di tenuta in favore di una più pulita ed elegante unità tutta d’un pezzo, levigata e razionale. Niente sacrifici in termini di potenza e coppia, niente di cui lamentarsi. Anzi, torna in gamma la colorazione rossa, quella che assieme al giallo richiama più da vicino la prima, iconica - appunto - Scrambler.