"Zio Porrozzi": 45 anni di MotoGP tra pellicole e rivoluzione digitale
"Zio Porrozzi": 45 anni di MotoGP tra pellicole e rivoluzione digitale
Quarantacinque anni dietro l'obiettivo, cinque rullini da 36 pose per ogni weekend di gara, e un soprannome – "Zio" – che è diventato un marchio di fabbrica nel paddock. È la storia di Fabrizio Porrozzi, uno dei più celebri fotografi del motociclismo mondiale, che ha iniziato a Vallelunga seguendo il fratello giornalista, direttore di riviste e per 10 anni coordinatore della velocità per la Federazione Motociclistica Italiana.
"Con l'analogico avevi 180 foto a weekend e non più di due-tre tentativi per scatto", ricorda. "Oggi sarebbe come spendere 20.000 euro per mandare cinque foto". La svolta arriva nel 1999 con la prima reflex digitale, che cambia radicalmente il mestiere: dalle telefonate internazionali da 19 milioni di lire per inviare le foto dal Giappone, ai 100 dollari l'anno di abbonamento a CompuServe.
Venticinque anni come fotografo ufficiale Ducati, collaborazioni decennali con Valentino Rossi e Max Biaggi, un'amicizia fraterna con Troy Bayliss. "La foto più iconica? Il salto di Fred Merkel al Pons Ricard nel 1989, il mio primo anno di Mondiale Superbike".
Il COVID ha permesso di riscoprire l'archivio analogico, riportando alla luce immagini dimenticate come il leggendario sorpasso di Bayliss a Monza. Ora il testimone passa a Valerio, il figlio che ha ereditato la passione paterna: "In questo mestiere le foto o le sai fare o non le sai fare, indipendentemente dal cognome che porti".